Diversamente Alternativo

1 ottobre 2023

In occasione della Italian Tech Week 2023, Iolanda Pensa – presidentessa di Wikimedia Italia – è stata invitata a tenere un talk, ed ha gentilmente voluto coinvolgermi per allargare il tema della presentazione non solo ai contenuti liberi ma anche al software libero.

Ho dunque approfittato di tale circostanza, avulsa dai soliti convegni di soli nerd già affini a questi argomenti, per provare a spiegare il software libero in maniera un po’ diversa dal solito. A partire da un presupposto di base: l’open source non è una alternativa.

Se lavori nell’ambito web, l’open source non è una alternativa. PHP, Python, NodeJS, Apache, MySQL, WordPress, Drupal e tutti gli altri non sono una scelta secondaria, un’altra opzione, una nicchia sconosciuta ai più e da esplorare per la prima volta. All’interno di questa industria sono gli strumenti da adottare senza pensarci troppo, stabili, consolidati, per i quali è più semplice e veloce trovare documentazione, risorse e competenze; non sono una alternativa, sono (per usare a sproposito un termine abitualmente abusato) “lo standard”. La stessa cosa può del resto dirsi dell’intero settore embedded e IoT (Yocto, GCC, busybox, GTK e QT…), o di praticamente tutto quel che rientra nella categoria “cloud computing” (Docker, Kubernetes e tutto il panorama Cloud Native), ma anche “data analysis” (Python, Pandas e mille altri piccoli e grandi strumenti) o “machine learning” (Tensorflow, OpenCV e mille altri piccoli e grandi progetti nati sulla scia del rinnovato fermento portato dal fenomeno di ChatGPT).

Insomma: gran parte di quel che a oggi non è “desktop”. Ovvero: il contesto tecnologico meno rilevante dal punto di vista produttivo ed economico, e dunque politico, ma anche – fatalmente – quello su cui maggiormente (e forse unicamente) insiste la narrazione classica della cosiddetta community di promozione e divulgazione. Che si strugge perché la casalinga di Voghera non vuole installare Linux sul suo PC di casa.

La retorica della “alternativa open source” – che si auto-definisce unicamente per la scarsa penetrazione di uno specifico insiemi di progetti (Linux, e le sue distribuzioni) all’interno di uno specifico ambito (l’utilizzo sul desktop domestico) – automaticamente pone l’intero universo open source in una posizione minoritaria, secondaria, marginale e dunque marginalizzabile. Senza fornire una reale motivazione per interessarsene e curarsene, anche dal punto di vista istituzionale ed educativo, se non delle lasche e generiche raccomandazioni sulla “libertà del software”. Concetto in sé estremamente complesso da cogliere ed apprezzare da chiunque non abbia una forte consapevolezza pregressa di cosa sia effettivamente “il software” e di come funzioni, talmente complesso che viene spesso travisato pure da molti dei componenti della suddetta community di divulgazione ed assistenza.

Viceversa, narrando l’open source per quello che è per davvero – uno strumento di lavoro imprescindibile per interi rami d’industria – diventa non solo più semplice innescare attenzione ed interesse nei confronti della sua (ulteriore) adozione, ma si può iniziare ad inculcare a chi già lo conosce e lo usa – una larga maggioranza degli addetti ai lavori – una suggestione su quello che dovrebbe essere il passaggio strategico successivo: il coinvolgimento attivo. Affinché questo benedetto software libero (che, come amo ripetere, è libero ma è anche software) che già tutti adoperano sia anche migliorato ed esteso in modo progressivo ed esponenziale da chi ha le competenze per farlo, consolidi la sua superiorità tecnica laddove già la detiene, e la guadagni laddove ancora non ce l’ha.

Probabilmente quella della Italian Tech Week non è stata la mia migliore performance in veste di oratore (nota per il futuro: non pretendere di indossare una giacca su un palco illuminato da faretti, finisco col sudare come una spugna…), ma sono comunque contento di aver avuto il pretesto per tornare a meditare sulla (carente, e pertanto migliorabile) dialettica dell’open source.

4 Risposte to “Diversamente Alternativo”


  1. […] Diversamente Alternativo […]


  2. […] Diversamente Alternativo […]


  3. […] Diversamente Alternativo […]


  4. […] e un po’ sulla tolleranza degli organi legislativi nei confronti di un modello produttivo essenziale per gran parte dell’impianto industriale contemporaneo ma troppo “fluido” per […]


Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.