
Ieri sono incappato in questo post pubblicato sul sito del GrappaLUG, uno dei tanti Linux Users Groups italiani. Ed evidentemente uno dei tanti in crisi di identità sul proprio ruolo e sulla propria ragion d’essere. Ad esso rispondo qui, riprendendo considerazioni ed osservazioni già viste su questo mio blog ma che val la pena riprendere periodicamente.
No, il GrappaLUG non è morto. Credo si possa essere considerati realisti se ammettiamo una certa qual poca partecipazione. Credo che questa poca partecipazione si possa considerare endemica: la si può riscontrare in tante altre associazioni.
Indubbiamente vero che questa condizione è comune a molti altri gruppi. Mi verrebbe da dire, tristemente, “la maggioranza”. Le motivazioni di tale malessere emergono leggendo le argomentazioni che (sempre, ed anche in questo caso) accompagnano tale diffusa considerazione. L’infondatezza di tale sentimento emerge confutandole.
L’orizzonte cambia con rapidità. La fruizione degli strumenti informatici è sempre meno “palese” quanto più diventa pervasiva. Le persone non chiedono come usare un telefonino…ma ci chiedono come “usare” Facebook…Io vorrei spiegargli come sia Facebook ad usarli…ma questa è un’altra storia.
Questa è, circa, quella che viene genericamente riconosciuta come la principale ragione di sofferenza da parte dei LUG: rispetto al 2000, Epoca d’Oro degli Users Groups, il mondo (della tecnologia, ma non solo) è cambiato, sono cambiati gli strumenti, le esigenze, il pubblico, le richieste e gli interessi, e pertanto i vecchi approcci hanno perso di impatto e di senso.
Del resto, dobbiamo forse rammaricarci del fatto che la tecnologia sia diventata alla portata di tutti, perché ciò ostacola il fatto di avere della partecipazione ai nostri corsi? Dobbiamo forse contestare il fatto che usare Linux ed il freesoftware sia diventato molto più facile rispetto a 15 anni fa, perché questo induce lo spopolamento delle nostre mailing list di supporto tecnico? Dobbiamo inveire nei confronti della pletora di forum e documentazione comodamente accessibili online, perché a causa di tale comodità nessuno viene più ai nostri incontri periodici di scambio e smanettamento?
O forse dobbiamo prendere atto di questi cambiamenti, da una parte gioirne in quanto sintomo di una più estesa adozione del software libero e dall’altra constatare l’ancor più urgente necessità di accompagnare l’oramai capillare diffusione della tecnologia con un pizzico di consapevolezza, ed anziché pretendere di svolgere le stesse attività che abbiamo sempre svolto provare a cambiare metodi ed obiettivi?
Gli utenti più o meno sono in grado di arrangiarsi autonomamente in virtù della maggiore facilità d’uso, dei forum e della documentazione online. Benissimo: un problema in meno di cui doversi occupare (cosa neanche del tutto vera, altrimenti non si spiegherebbero le circa 400 visite che ogni singolo giorno arrivano su linux.it da parte di persone che ingenuamente cercano “linux” su Google…). Possiamo archiviare i corsi generici (cui tanto non partecipa più nessuno da tempo), i wiki per la documentazione (tutte le risposte stanno su DuckDuckGo) e gli sporadici Install Party (un appuntamento di assistenza tecnica funziona solo se è reiterato e costante nel tempo, altrimenti lo sforzo necessario per promuoverlo è insostenibile). Adesso tocca fare tutto il resto: pressione presso le istituzioni (chiedendo appuntamenti con gli assessori competenti e facendo prendere impegni mirati per mezzo di mozioni, cfr. Orvieto), promozione presso le scuole (svolgendo incontri divulgativi nelle classi e cercando la complicità di un ente formatore riconosciuto per far accreditare i propri corsi di Linux presso i docenti, cfr. Bergamo), sfruttamento mediatico di altre iniziative cittadine (partecipando ad eventi pubblici di ogni sorta per infilarci anche il tema della consapevolezza digitale, cfr. Torino), coinvolgimento della comunità locale di sviluppatori e freelance (organizzando incontri di taglio più tecnico sui moderni frameworks di sviluppo opensource. In molte città esistono gruppi specifici, laddove manchino il LUG può facilmente diventare un riferimento per gli smanettoni della zona, cfr. Cosenza). C’è ancora così tanto lavoro da fare che non basterebbero il doppio degli Users Groups per svolgerlo tutto.
Piccola provocazione. La gratuità di questo sistema è sostenibile? La domanda (per conto mio) non ha senso.
Uno dei temi maggiormente preponderanti nel post riguarda l’attività volontaria e no-profit del LUG. Non è chiaro il contesto in cui si immergono tali considerazioni, evidenti strascichi di una qualche discussione avvenuta sulla mailing list interna del gruppo (i cui archivi sono privati), ma se ne desume una qualche titubanza nell’impegnarsi gratuitamente ad indiretto beneficio di realtà imprenditoriali come RedHat che poi fanno del software libero un business.
Orbene: è evidente che se faccio propaganda ambientalista sto indirettamente facendo promozione commerciale per chi produce e vende pannelli fotovoltaici e turbine eoliche; se faccio propaganda umanitaria sto indirettamente facendo promozione alle innumerevoli ONG che operano in tale campo (che notoriamente non devolvono proprio tutto quello che viene raccolto a fini esclusivamente benefici); se faccio propaganda per qualsiasi causa, sia essa giusta o giustissima o sacrosanta, sto indirettamente spingendo soldi in una qualche direzione. Perché, piaccia o non piaccia, nel nostro mondo corrotto tutto si muove solo ed esclusivamente in funzione dei soldi. E dunque bene che ci sia qualcuno capace di trasformare questi soldi in azioni che vanno a beneficio della causa che più mi sta a cuore, sia essa una azienda o una associazione. In pressoché tutti i casi c’é qualcuno che ne trae un profitto, uno stipendio, lo fa di mestiere, ergo può dedicarcisi a tempo pieno, cosa che magari non posso fare direttamente io.
La domanda che adesso ci facciamo è: noi siamo comunità? Io sono convinto di sì. Quando ci troviamo: discutiamo. Quando ci troviamo ci scambiamo idee. Quando ci troviamo: ci troviamo anche in disaccordo. In questa maniera cresciamo. Io ho avuto molto, anche professionalmente, dalle persone che del GrappaLUG fanno parte. Mi sento molto fortunato per questo. Posso dire di essere orgoglioso di farne parte e di partecipare per farne delle piccole parti.
Ribalto la domanda: sono quelli gli scopi della vostra comunità? Discutere, scambiare idee e crescere? Se così è, benissimo, continuate a discutere e scambiare idee.
Lo scopo della mia, di comunità, è fare propaganda e promozione, uscire dalle mailing list e dagli scantinati per far sapere che il software libero esiste a coloro che ancora non lo sanno, farlo adottare a quante più persone possibile e poi, tra quelle, coinvolgerne altre per proseguire ed estendere l’opera (in vista del giorno in cui io stesso non ne avrà più tempo o voglia). Motivo percui, ad esempio, ogni due anni mi imputo per far spostare la sede dell’edizione torinese del Linux Day, in modo da coprire aree sempre diverse della città. E da qualche mese sto invitando tutti i LUG con cui entro in contatto a mantenere degli appuntamenti periodici da dedicare all’assistenza, meglio se in locali pubblici in modo da farsi ben vedere e riconoscere da chi passa di lì anche per caso. E se allo sportello di assistenza che frequento io qui a Torino (vedi sotto) si presenta qualcuno con un PC Windows inchiodato gli si da comunque una mano (fortunatamente c’è qualche giovanotto un poco più avvezzo che sa dove metter mano…) e mentre uno smanetta un altro gli spiega il software libero e gli propone di installare Linux; almeno un terzo delle persone colgono l’invito, e tornano la settimana dopo ad offrirci una birra.
Ovviamente non mancano anche gli incontri conviviali, per “discutere e scambiare idee” o anche solo per far quattro chiacchere. Ma decisamente quelli sono un mezzo, non uno scopo.
Non ho timore a dire che il GrappaLUG ha bisogno di persone.
Come tutti, del resto: senza periodico e costante ricambio generazionale, qualsiasi attività associativa (indipendentemente che sia legata al freesoftware o meno) è destinata a morte certa.
Ma anche in questo caso ribalto la domanda: si sta effettivamente agendo per attirare nuove persone? Sbirciando sul sito del GrappaLUG scopro nella penultima pagina linkata dal menu che il gruppo ha degli incontri fissi su base settimanale: forse si potrebbe comunicare meglio questa opportunità, scrivendo a chiare lettere le coordinate dell’appuntamento nell’header del sito (affinché sia sempre immediatamente visibile) ed estendendo l’invito anche a coloro che vogliono ricevere supporto informatico?
Da quando, a seguito della mia personale positiva esperienza con lo sportello settimanale di Officina Informatica Libera a Torino, ho iniziato ad interessarmi ad analoghe iniziative da parte di altri gruppi sparsi in Italia (tirando in mezzo anche Italian Linux Society), ho amaramente scoperto la quantità di quelli che effettivamente svolgono attività periodica salvo non citarla o citarla solo marginalmente sul proprio sito, tenendola in luoghi nascosti o poco appetibili, non rispondendo all’appello mosso due mesi fa in merito alla mappatura sulla LugMap, insomma facendo di tutto affinché solo gli “iniziati” del gruppo possano parteciparvi, e lamentando poi che “non viene nessuno”. Già che ci si prende la briga di sobbarcarsi l’impegno di un incontro settimanale (cosa di per sé nient’affatto semplice), si provi almeno a capitalizzare tale sforzo! Difficilmente le folle accorreranno spontaneamente ad un qualsiasi appuntamento se non debitamente e profusamente informate, checché alcuni per davvero se lo aspettino.
La morale del post è la più celebre falsa citazione attribuita a Charles Darwin: “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. Ebbene, il cambiamento è arrivato: chi riuscirà ad adattarsi?