Quarantatre

23 giugno 2024

Solitamente frequento poco le conferenze in ambito tech (con le debite eccezioni), ma recentemente ho avuto modo di partecipare al WordCamp Europe 2024 in virtù dell’invito ricevuto dall’amica Luisa, la quale – oltre ad aver partecipato all’organizzazione dell’evento – è anche nel team di traduzione italiana di WordPress, frequenta assiduamente la community, ne conosce dinamiche e personaggi, ed ha voluto farmi partecipe di questa esperienza.

Per quanto WordPress sia un nome noto a chiunque abbia frequentato l’internet anche solo marginalmente negli scorsi vent’anni, è necessario dare un contesto: è un progetto open source, formalmente appartiene ad una fondazione, all’atto pratico lo sviluppo viene indirizzato da una azienda, ed intorno vi orbita una vasta community fatta di volontari, professionisti ed imprese che – a vario titolo, con varie motivazioni ed in vari modi – partecipano e collaborano per la crescita del progetto nel suo insieme. C’è chi realizza siti web grandi e piccoli, chi implementa e vende plugin, chi implementa e vende plugin per i plugin, chi offre consulenza e servizi verticali – dall’hosting alla SEO – su questa specifica piattaforma, chi partecipa a tempo perso e chi viene pagato dal proprio datore di lavoro per partecipare. Tutti questi si trovano annualmente presso la maggiore conferenza europea dedicata al progetto, da cui emerge la forte componente commerciale dell’ecosistema, evidenziata anche dal fatto che tra i presenti ho trovato più di un individuo che si trovava lì per puro e semplice networking.

Da una parte, WordPress rappresenta una utopia del modello open source. Il progetto è libero, il codice aperto (peraltro, è distribuito in licenza GPL e non è richiesta la sottoscrizione di una CLA per contribuire; sarebbe tecnicamente impossibile chiuderlo, come successo in altri casi più o meno recenti), ed esiste una gran quantità di realtà imprenditoriali in competizione tra loro ma che ci investono sopra tempo e denaro con l’intento di consolidare una piattaforma utilizzabile e sfruttabile da tutti gli altri. Dinamiche in parte comuni anche ad altri grandi progetti open source – ad esempio, buona parte dei progetti afferenti ad Apache Foundation sono mantenuti da persone pagate dalle numerose aziende che su quegli stessi progetti vendono consulenza e servizi – ma che raramente coinvolgono un bacino così ampio di soggetti, che va dall’impresa multi-milionaria al freelance sotto casa.

Dall’altra parte, la mole di sviluppatori coinvolti per gestire, mantenere ed arricchire una piattaforma di queste dimensioni – che, come ricordato nel keynote di chiusura, funge da base per oltre il 43% dei siti web online dell’intera internet – va ben oltre quella attualmente supportata e sponsorizzata dai maggiori soggetti commerciali che ne traggono profitti. Ed il tema è stato toccato in un paio di circostanze anche nel corso della conferenza. Ci sono i volontari che contribuiscono al core, ci sono gli autori dei plugin “community” (che, come ho avuto modo di discutere in privata sede con Francisco Torres – membro del Plugin Review Team, cui ha dedicato un talk – sono sviluppatori, non imprenditori, e non tutti hanno gli strumenti o semplicemente la volontà di diventare il prossimo WooCommerce pur avendo ovviamente la necessità di sostenere la propria attività), e naturalmente ci sono tutte le dipendenze da cui WordPress ed i relativi plugin dipendono. Inutile dire che, anche in questa occasione, ho avuto modo di stressare tutti coloro cui ho parlato con la questione dell’1% del proprio fatturato da distribuire ai progetti open che vengono utilizzati per svolgere il proprio lavoro, e anche in questa occasione confido nell’aver convinto almeno qualcuno.

Confesso di non essermi mai interessato particolarmente alla figura di Matt Mullenweg, fondatore (anzi: co-fondatore, come precisa sempre, benché l’altro “co” sia essenzialmente sparito non avendo preso parte al successo di Automattic) del progetto WordPress, ed è stato curioso vederlo dal vivo. Nonostante la sua posizione ed il suo ruolo mi ha dato l’idea di essere “uno di noi”, uno smanettone prima ancora che un imprenditore, uno che crede davvero a questa storia della libertà del codice e dei dati, uno che si è dato una missione. Non dubito che debba ogni tanto render conto agli investitori (che esigono risultati economici, spesso a prescindere dal modo in cui vengono ottenuti), ma altrettanto non dubito che un personaggio di tal fatta sia un bene all’interno dell’universo open source e che la sua opera dovrebbe essere presa a modello.

In questi due giorni ho avuto modo di spacciare qualche biglietto da visita, conoscere diverse persone nuove (italiane e non), raccattare qualche complimento internazionale sulla città di Torino (che, in qualità di torinese d’adozione, fa sempre piacere), godere di una conferenza di alto livello (anche e soprattutto dal punto di vista organizzativo), farmi una idea più precisa di quel che è il mondo WordPress, e decidere che forse dovrei prestargli maggiore attenzione, sia in veste professionale che di promotore delle libertà digitali.

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